Nei giorni scorsi a Como vi è stata l’aggressione di una squadra di naziskin in un centro culturale in cui era in corso una riunione di varie associazioni che aderiscono a “Como senza frontiere”, una rete di sostegno e assistenza ai migranti.
Il giorno dopo, giovedì 30 novembre, i due principali quotidiani italiani assegnavano a questo grave episodio un trattamento del tutto opposto: uno vi dedicava l’apertura della prima pagina e le tre seguenti intere pagine, l’altro relegava il fatto ad un piccolo riquadro in cronaca a pagina 20.
Sono rimasto interdetto di fronte ad una così plateale diversità di valutazione, segno di quanto nel paese non tutti sembrano cogliere, nella loro profonda gravità, gli ormai troppi e ripetuti episodi di intolleranza e, a volte, di esplicita violenza in nome di riferimenti palesi alla destra estrema e al neofascismo.
Un fenomeno che tende ad espandersi in varie parti del paese, che trova nella rete un veicolo di diffusione, e che non va né ignorato né sottovalutato.
Così come, per uno spregiudicato e meschino calcolo elettorale, hanno provato a fare in questi giorni Matteo Salvini e Giorgia Meloni da cui non solo non è giunta alcuna dichiarazione di condanna ma, addirittura, dichiarazioni fuorvianti tese a parlar d’altro e a minimizzare, se non addirittura a giustificare.
Un atteggiamento squallido e censurabile per due leader della coalizione di centrodestra che si candida al governo del paese, che tradisce il segno di quanto cinica potrà diventare la corsa al voto nelle prossime settimane. E come dimenticare l’oltraggio alla memoria di Anna Frank compiuto dai tifosi laziali qualche mese fa o il risultato elettorale di Casapound a Ostia o, infine, negli ultimi giorni, il caso dell’assessore di Carovigno che esalta la Repubblica di Salò o della bandiera del Reich in una caserma dei carabinieri a Firenze.
E mai come quest’anno arriva puntuale e lucida l’analisi del Censis nel Rapporto sulla situazione sociale del Paese: “La ripresa c’è, ma cresce l’Italia del rancore. Persistono trascinamenti inerziali da maneggiare con cura: il rimpicciolimento demografico del Paese, la povertà del capitale umano immigrato, la polarizzazione dell’occupazione che penalizza l’ex ceto medio. Non si è distribuito il dividendo sociale della ripresa economica e il blocco della mobilità sociale crea rancore, con esibizioni di volta in volta indirizzate verso l’alto, attraverso i veementi toni dell’antipolitica, o verso il basso, a caccia di indifesi e marginali capri espiatori, dagli homeless ai rifugiati”.
In altra sede andranno indagati i fenomeni sociali ed economici che sono alla base di tale drammatica considerazione. Tenderei, infatti, a tenere separati questi temi, reali e profondi, con quello del ritorno non episodico né folcloristico di sempre più numerose manifestazioni che inneggiano al fascismo e alle sue derivazioni. Seppur strumentalmente alimentandosi di temi sociali, quali il disagio in cui vivono pezzi sempre più ampi di società, specie nelle grandi periferie urbane del paese, oppure la diffusione della presenza di migranti, a me pare che il fenomeno di cui parliamo debba essere colto innanzitutto per quello che è: il ritorno di forme manifeste di una cultura neofascista, il cui tratto distintivo è la violenza. Una violenza che si manifesta magari con meno “picchiatori” ma con altrettanto dure manifestazioni di intolleranza e rifiuto verso tutto ciò che è “altro”, a cominciare dai migranti appunto.
Cos’era, del resto, la ignobile e strumentale scenata promossa da alcuni esponenti neofascisti anche a Brindisi nei mesi scorsi in un quartiere cittadino in nome di una inesistente ipotesi di installazione di una struttura per migranti? Cosa è, ancora, la raccolta di firme degli epigoni locali del leghismo contro una legge di civiltà quale lo “ius soli” in nome della difesa dell’identità nazionale?
Parlare di “onda nera” può apparire eccessivo ma rende l’idea di un fenomeno non più marginale ed estemporaneo ma che tende a diffondersi pericolosamente e che va conosciuto, denunciato e combattuto con parole di verità e responsabilità, affinché se ne possano arginare ulteriori ramificazioni nel profondo del paese.
C’è bisogno di rilanciare, specie tra le nuove generazioni, il senso autentico del valore dell’antifascismo e del suo messo inscindibile con la democrazia e la libertà. È un tema innanzitutto culturale. Ed é ovviamente uno straordinario tema politico: e tra vecchie e nuove divisioni che attraversano le forze democratiche nel centrosinistra e nella sinistra, voglio sperare che almeno su questo tema, che davvero avremmo voluto considerare scontato (“storicamente” prima ancora che politicamente), queste forze parlino la stesa lingua e pratichino l’unità. Prima che sia troppo tardi.
Sen. Salvatore Tomaselli
Parlamentare del PD