Un appello alla rivisitazione della gestione portuale: critiche e proposte per il futuro del Porto di Brindisi

Si dice che i nodi vengono sempre al pettine, prima o poi. Sarà certamente così dal momento che si intravede qualche segnale.

Una diligente disamina di tali “nodi”, anche se postuma, nel loro complesso e non solo singolarmente, dovrebbe far riflettere chi si è assunto la responsabilità di tutelare gli interessi del proprio territorio e far scattare un campanello di allerta. E questo “campanellino” dovrebbe indurli a dire basta ad un sistema di potere autoreferenziale che non lascia spazio ad altri e ad altro.

I nodi:

Di recente, i velisti e i diportisti in genere, hanno riproposto il problema dei distanziatori montati lungo la banchina del lungomare, messi chissà per quale reale motivo oltre quello ufficiale, chiedendone la rimozione.

Il famoso pontile a briccole che si sta realizzando con qualche ritarduccio rispetto a quanto si prevedeva e, soprattutto, per l’opera che è, costa un sette/nove volte più rispetto ad un’altra soluzione proposta e sostenuta, sulla scorta di dati di fatto e non di opinioni, da qualche imprenditore portuale e cioè quella dell’uso di boe oceaniche che avrebbero assolto in tempi molto brevi alla medesima funzione ed emergenza.

La recinzione doganale costruita in materiale simil-corten che, non si capisce per quale motivo, ha tagliato fuori dalla security il capannone ex Montecatini rendendone difficoltoso l’accesso e che l’Ente portuale vuole con insistenza sbolognare al Comune, come allo stesso vogliono restituire l’area ex pol non bonificata nonostante le risorse previste a tale scopo dall’addendum del 2017 e dirottate altrove.

L’idea di trasformare il porto e le sue banchine – sottraendole ad altri importanti utilizzi più remunerativi sotto l’aspetto occupazionale ed economico in generale – in un concentrato di depositi di Gnl, benzina, gasolio e carburanti vari (alla faccia della transizione ecologica).

La messa in stand-by della convenzione a MSC, cosa che ha provocato le decise proteste della stessa compagnia, segno evidente che qualcuno aveva fornito delle rassicurazioni rilevatesi nei fatti poco attendibili.

Si annuncia la “madre di tutte le opere”, la colmata, e non si è stati in grado di colmare il grosso “buco” a Costa Morena.

Riguardo le colmate, esistenti e da fare, si è stati capaci di annunciare il loro utilizzo per tutto e di più, dal farle divenire una “piccola Torre Guaceto” ad approdo per navi militari ed altre cosucce. Idee confuse o molto chiare?

Per non parlare dell’acquisto del terminal privato “il Mondo” per 2 mln 650mila euro con l’intento di farla divenire “una struttura di accoglienza per il check-in di viaggiatori e mezzi in transito per il porto” e che ora, pare, si vorrebbe trasformare, vista l’abbondanza di stazioni marittime, in depositi frigo.

Eccetera, eccetera, eccetera, si potrebbe continuare, comunque ciò è sufficiente per definire una gestione portuale a dir poco lontana dai reali interessi del territorio, ovviamente quello nostro, ma molto vicina a quelli di altri (territori), parrebbe l’attuazione di un ampio e articolato, quanto perverso, disegno.

Ora come detto in partenza quei politici che hanno a cuore le sorti del nostro territorio, porto e aeroporto inclusi, dovrebbero aver già capito a quale tipo di gestione si è assistito/subito e che è ben lungi dal fare i nostri interessi, quelli collettivi intendo e che bisognerebbe apportare dei correttivi, fermi e decisi.

Ora forse non è il caso di proporre idee tra l’utopico e l’utopistico che pur hanno il loro fascino come quella di creare una azienda-ente pubblico che gestisca il porto e l’aeroporto nell’interesse dell’intero Salento, non voglio riproporre la necessità fondamentale di un’autonomia portuale, ritornando alle origini, come, per altro, è stato già fatto per diverse realtà, poiché mi rendo conto che ci vuole una classe politica autorevole e determinata.

Ma almeno vogliamo batterci affinchè dopo due mandati dell’Ente portuale a marca squisitamente barese sia un brindisino a presidiare quella cabina di regia? Dopo aver subito una serie di “omicidi”, vogliamo provare col “suicidio”, peggio non si può fare e può darsi che incassiamo qualche risultato positivo.

Giorgio Sciarra

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