Il ruolo istituzionale ricoperto spesso mi impedisce di intervenire sui temi che più animano il dibattito nella città.
La situazione di profonda crisi che si trova ad affrontare ancora una volta Brindisi impone, però, a ciascuno di noi alcune riflessioni.
Ritengo che una possibile via di uscita dalle difficoltà sia quella della sottoscrizione di un Patto per lo sviluppo di Brindisi capace di coordinare gli sforzi degli attori istituzionali e delle rappresentanze economiche e sociali e orientato alla elaborazione di un programma organico di sviluppo del territorio idoneo ad affrontare le sfide con cui Brindisi dovrà misurarsi nei prossimi anni e a dare risposte alla grave crisi economica ed occupazionale che investe la nostra città.
E tanto mettendo da parte le appartenenze politiche ma sforzandoci, tutti insieme, di dare un contributo anche individuando i possibili strumenti normativi di intervento, evidenziando alcune aree di crisi, proponendo soluzioni per far fronte ai problemi che già ci sono e che si aggraveranno con la programmata dismissione della Centrale ENEL di Cerano.
Piuttosto che sfiancarci in discussioni defatiganti su singole proposte di intervento, su tutte il deposito di GNL che vorrebbe realizzare EDISON nel porto di Brindisi, converrebbe dapprima delineare una cornice del possibile progetto di sviluppo e di volta in volta verificare se la singola iniziativa, quale che sia il privato o l’Ente proponente, sia conforme alle linee di indirizzo che si sono adottate.
Brindisi ha già dimostrato in passato di saper trovare forti momenti di coesione politica e sociale che hanno consentito la realizzazione di interventi coordinati sul nostro territorio, capaci di consentire il superamento delle crisi congiunturali con cui periodicamente la nostra città si è trovata a doversi misurare.
Intendo riferirmi, in particolare, al Patto territoriale di Brindisi del 1997 che vide coinvolti ben 12 comuni ed una partecipazione attiva della locale Confindustria oltre che delle Organizzazioni Sindacali CGIL, CISL e UIL.
Obiettivo del Patto territoriale di Brindisi era il rilancio occupazionale, economico e sociale in un’area che, allora come oggi, registrava una grave crisi, favorendo percorsi di crescita del territorio attraverso iniziative di promozione industriale, valorizzazione delle risorse umane e potenziamento delle infrastrutture di supporto alle attività economiche.
All’epoca i principali settori di intervento furono l’industria, con una attenzione particolare al segmento della chimica e della plastica, l’agroalimentare e le attività connesse al porto.
Il Patto prevedeva inizialmente 42 iniziative imprenditoriali, con una occupazione prevista di circa 500 unità, di cui solo 12, purtroppo, furono poi effettivamente realizzate.
Altro esempio di intervento coordinato fu il Patto territoriale per l’agricoltura ed il turismo rurale della provincia di Brindisi, approvato dal Ministero delle Attività Produttive nel 2002, che vide come soggetto gestore la Camera di Commercio ed il coinvolgimento di tutte le Associazioni del mondo agricolo oltre che della Confindustria e delle Organizzazioni Sindacali e del Parco Scientifico e Tecnologico PASTIS-CNSRM.
In questo caso furono 116 le iniziative imprenditoriali inizialmente previste, di cui 110 effettivamente realizzate.
L’obiettivo era quello di diversificare i processi colturali in atto anche con l’introduzione di processi innovativi nella raccolta dei prodotti e nella loro trasformazione.
Non meno importante, quanto alla capacità dimostrata dal territorio di trovare momenti di grande coesione politica e sociale, fu l’Accordo di programma per l’attuazione coordinata dell’intervento nell’area di crisi industriale di Brindisi, sottoscritto il 2 agosto del 2006 tra il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero del Lavoro, la Regione Puglia, Sviluppo Italia e Confindustria Brindisi ma che vide la partecipazione attiva anche degli Enti Locali e delle Organizzazioni Sindacali.
In questo ultimo caso obiettivo dell’Accordo era quello di fornire risposte adeguate, in termini economici ed occupazionali, alla grave crisi che aveva colpito il comparto della chimica a Brindisi con la chiusura degli impianti EVC e DOW.
Mi sembra che sia nuovamente giunto il momento per dar vita ad una azione coordinata di crescita del territorio.
Non si tratta tanto di invocare finanziamenti a pioggia, estremamente improbabili, attese le difficoltà economiche in cui si dibatte il nostro Paese, con risorse sempre più esigue da destinare agli investimenti pubblici ad eccezione di quelle previste dal PNRR, quanto piuttosto di saper mettere a regime la dotazione infrastrutturale di cui Brindisi già dispone; di liberare gli eventuali investimenti già programmati dalle pastoie burocratiche in cui sono rimasti impigliati; di favorire le iniziative imprenditoriali garantendo tempi certi di rilascio delle autorizzazioni; di far si che anche il territorio di Brindisi utilizzi al meglio le risorse che la Regione Puglia già pone a disposizione di quanti intendono avviare nuove attività o ampliare quelle già esistenti.
Avviare un’azione di marketing localizzativo e di attrazione di investimenti; predisporre un “kit localizzativo” a complemento delle azioni già previste nell’ambito delle ZES; rafforzare la collaborazione tra pubblico e privato anche nella realizzazione delle opere pubbliche attraverso procedure trasparenti di selezione dei partners; liberarsi dai condizionamenti di una struttura burocratica spesso incline ad opporre rifiuti ad ogni possibile iniziativa imprenditoriale, recuperando il ruolo di indirizzo e controllo che la Legge assegna agli Organi di espressione politica: è questa la vera sfida che devono saper cogliere anche gli Enti Locali, ed in primis il Comune, per divenire essi stessi attori dello sviluppo del territorio.
Gabriele ANTONINO
Presidente del Consiglio Comunale