Se non fosse vero sembrerebbe uno di quei giochi sulla play station dove due giocatori cominciano ad allineare le loro forze sui confini, mentre icaccia sorvolano i cieli e le navi militari solcano i mari. In acque internazionali, ovvio, per mere esercitazioni, certo, ma comunque abbastanza vicini ai potenziali paesi nemici, perché quando si sfiora una guerra ancora non è chiaro da che parte starà chi.
Chi, adesso siamo noi, Stati disuniti d’Europa. Frammenti sparsi di ciò che non riusciamo ad essere, ognuno con le proprie priorità e le proprie gatte da pelare, dove per un Macron non ricattabile dal punto di vista energetico, c’è una Germania che ci deve andare cauta perché ha bisogno del gas della Russia, come l’Italia, d’altronde, troppo presa prima dalla partita al Quirinale ed ora dal caro bollette per affrontare in maniera decisa questa questione.
Una guerra.
A ridosso dell’Europa.
Per ora solo grandi manovre, ognuno muove le sue pedine sulla carta geografica, mostra i muscoli, alza il tiro e la minaccia diventa sempre più solida. Abbiamo dimenticato tutti i “mai più” che abbiamo detto in passato e tutti i buoni propositi di vivere in pace.
Chi conosce lo scacchiere politico internazionale parla di strategia.
Strategia di Biden per spostare lo sguardo dei suoi concittadinisu un altro dove, lontano dalla politica interna; strategia di Putin per impedire che l’Ucraina, ma anche la Georgia diventinol’avamposto della NATO. L’Alleanza dovrebberitirare inoltre, secondo il premier sovietico, tutti i soldati occidentali presenti sui territori che facevano parte dell’ex URSS. Insomma, alla Russia non piace l’ accerchiamento progressivo della NATO. Ma le sue richieste non si fermano qui, c’è ancora la questione della penisola della Crimea, la cui annessione non è stata mai riconosciuta dall’Occidente e infine il nodo delle regioni separatiste del Donbass.
È solo strategia. Lasciamo fare alla diplomazia. Che avrà molto di cui discutere.
Intanto l’ambasciata americana in Ucraina è stata spostata il più lontano possibile dal fronte, i soldati e i carri armati russi si accalcano al confine in cerca di un pretesto per poter invadere e magari far rientrare nella propria orbita la regione separatista del Donbasscome già fatto con la Abkhazia e l’Ossezia del Sud in Georgia, i mercati crollano e le parole volano in una battaglia di nervi e di minacce, ma gli esperti dicono che Putin non vuole la guerra.
E, tra un via vai di ministri dell’estero e di capi di governo, ultimo il cancelliere tedesco Olaf Sholz, è arrivato il momento di Draghi, piuttosto defilato sino ad ora, chiamato in causa dallo stesso Bidenper proporre a Putin un summit Usa-Russia.
Intanto nel Donbass la guerra è già iniziata.
E noi? Noi continuiamo nelle nostre esistenze con una sorta di fatalismo, di rassegnata superficialità, forse anche un po’ di incredulità, perfino cinica indifferenza. Come se fosse un gioco sulla play station.
Raffaella Ricci