BRINDISI – Opporsi alla mafia è un doveroso atto verso se stessi, ma soprattutto verso la deturpata e deturpante società di oggigiorno. E’ una lotta possibile, ma che comporta sacrifici e rischi, per sé e per la propria famiglia. Ci vuole solo tanto coraggio e niente più, senza timore alcuno di guardare dritto la mafia negli occhi e dirle “non mi fai paura”.
Ha riguardato questo e tanto altro ancora l’incontro ‘I No alla mafia e l’impegno sociale’, che si è tenuto stamane presso l’istituto Majorana di Brindisi, in cui è intervenuto il sindaco anticamorra di Casapesenna, Marcello De Rosa, costretto da qualche anno a vivere costantemente sotto scorta per aver avuto il coraggio di alzare la testa e guardare dritto negli occhi la mafia e, nello specifico, il clan dei casalesi. Il Comune di cui è primo cittadino, infatti, è il paese proprio del boss dei casalesi.
L’incontro ha voluto, inoltre, sortire l’effetto di sensibilizzare i ragazzi alla legalità. È, senza dubbio alcuno, una strada difficile e pericolosa, ma solo grazie al ‘prossimo futuro’ (i giovani, ndr) la società può ancora cambiare.
De Rosa, così, ha voluto far conoscere agli studenti quanto sia importante combattere queste battaglie: “Dobbiamo trasmettere ai nostri giovani che l’unica strada avente via d’uscita è quella della legalità – ha dichiarato il sindaco, a latere dell’incontro – dobbiamo parlare e dialogare con i giovani e dire che la cultura abbatte l’illegalità. Loro devo studiare ed intraprendere le strade della legalità”.
Ma per un cittadino comune, avente la medesima determinazione di De Rosa (ed in Italia ce ne sono tanti, fortunatamente, ma mai troppi, ndr), cosa significa vivere perennemente sotto scorta? “Significa avere una restrizione della vita privata – ha proseguito il primo cittadino – ma se questo serve a dimostrare che si possono abbattere i muri di omertà ed iniziare un nuovo cammino di legalità, allora questo sacrificio serve. E’ un sacrificio anche per la mia famiglia e, soprattutto, per i bambini. Nel corso del tempo, però, la scorta diventa parte integrante della tua famiglia. Anche i miei figli si sentono a casa con i ragazzi della scorta. Questi percorsi devono servire – ha concluso De Rosa – ha far cambiare mentalità a tutta l’Italia”.
Ad aprire l’incontro, la psicologa brindisina Francesca Cafarella ed il presidente dell’associazione Antiracket-Antimafia, Paride Margheriti.
“Mai abbassare la guardia e denunciare sempre – ha detto il presidente dell’associazione – inoltre, usare quegli strumenti che lo Stato può dare a chi è vittima di usura o racket”.
L’intervento della Cafarella, invece, ha interessato l’aspetto umano ed ha specificato la netta distinzione che c’è tra il testimone di giustizia ed il collaboratore di giustizia: “Spesso si fa confusione – ha detto la psicologa – il testimone di giustizia è un cittadino onesto (a volte, vittima della stessa mafia, ndr), comune, il quale ha avuto la forza di ribellarsi all’illegalità; il collaboratore di giustizia, invece, è un ex mafioso, pentito, che ha deciso di ‘parlare’. Dietro il testimone di giustizia, oltre a tanto coraggio, c’è un percorso psicologico importante, a causa di tutti i traumi vissuti. Inoltre, è una strada difficile, perché comporta un cambiamento di vita. Psicologicamente parlando, si parla di vivere costantemente nell’ansia, nella paura e di cambiare le proprie abitudini familiari. Spesso – ha concluso la Cafarella – nasce un senso di colpa per aver ‘scombinato’ il sistema familiare. C’è anche una forte rabbia. Una rabbia nel confronti dello Stato, per un servizio prestato, che, a loro dire, non li tutela come dovrebbe. Potrebbero anche presentarsi momenti di sconforto ed è qui che nasce la depressione. Insomma, un percorso abbastanza difficile, ma doveroso nel nome della legalità”.
Dunque, questa di stamane è stata una iniziata importante, che ha visto la partecipazione attiva di tanti studenti del Majorana: “Sono iniziative – ha spiegato il preside della scuola Giuliano – rese possibili anche grazie ad associazioni importanti del territorio brindisino, come quella Antiracket-Antimafia, in favore dei nostri ragazzi. La testimonianza di Marcello De Rosa sarà sicuramente motivo di riflessione per gli studenti. Bisogna sempre essere vigili e presenti sul territorio e diffidare da falsi segnali che ci illudono che il sistema malavitoso non sia presente, anche nel nostro territorio”.
Parallelamente a questo incontro, l’associazione Antiracket-Antimafia sta portando avanti il progetto nelle scuole denominato ‘Legalità e bullismo’ (terminerà a maggio), in quanto il bullismo altro non è che la ‘mafia’ dei piccoli. Perché, solo estirpando la radice marcia si può combattere l’illegalità.
Tommaso Lamarina Redazione |