BRINDISI – E’ un decreto legge che certamente fa storcere il naso a parte del mondo forense nazionale. Parliamo delle recenti modifiche apportate al codice penale, al codice di procedura penale ed all’ordinamento penitenziario, già approvate dal Senato ed attualmente in corso di esame alla Camera.
Su tale riforma della giustizia penale, l’AIGA (Associazione Italiana Giovani Avvocati) ha promosso un convegno-dibattito che si è tenuto questo pomeriggio, presso Palazzo Granafei-Nervegna.
Se ne è parlato alla presenza della presidente AIGA ed organizzatrice dell’evento, Stefania Ester Spina; Alfonso Maria Pappalardo, presidente del Tribunale di Brindisi; Marco Di Napoli, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi; Maurizio Saso, ANM Brindisi; Carlo Panzuti, presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Brindisi; Leonardo Musa, componente OCF Brindisi. Ad introdurre i lavori, Domenico Attanasi, componente della Giunta Nazionale AIGA. In seguito, sono intervenuti Eugenio Albamonte , presidente nazionale Associazione Magistrati; Rossana Giannaccari, Giunta ANM; l’onorevole Francesco Paolo Sisto, avvocato del foro di Bari; Michele Laforgia, avvocato del foro di Bari; Donatella Curtotti, ordinario di diritto processuale penale Università degli studi di Foggia; Vinicio Nardo, organismo congressuale forense; Donata Cappelluto, direttivo ANF; Luigi Pansini, segretario nazionale ANF; Massimiliano Cesali, presidente nazionale Movimento Forense; Paolo Ferrua, ordinario di diritto Processuale penale Università degli studi di Torino; Michele Vaira, presidente nazionale AIGA. Il tema è stato, poi, concluso con il brillante e puntuale intervento di Giorgio Spangher, ordinario di diritto processuale penale Università degli studi di Roma ‘La Sapienza’.
L’AIGA ha da sempre manifestato una forte contrarietà in seno al decreto legge in questione, in quanto lesivo dei diritti degli imputati.
“C’è stata una brusca accelerazione da parte del Governo – ha dichiarato il presidente nazionale AIGA, Vaira, a latere del dibattito – che ha messo, di fatto, tutto il mondo giudiziario di fronte ad un bivio: accettare supinamente delle modifiche che devastano il nostro stato attuale del codice di procedura penale, oppure cercare di reagire in modo vigoroso, come hanno fatto le camere penali, con diversi cicli di astensioni. Così come anche stiamo cercando di fare noi, a livello politico, unendo le forze di tutta l’avvocatura associata, che oggi ha coinvolto a questo tavolo i massimi rappresentanti dell’accademia e del mondo della magistratura. Oggi possiamo dire che il mondo forense chiede all’unanimità uno stop a questa riforma”.
Un decreto legge, dunque, bocciato da AIGA, ma non in toto. Difatti, il mondo forense approva, invece, le norme sull’ordinamento penitenziario: “Le condividiamo senz’altro – ha concluso Vaira – sin dall’inizio, abbiamo specificato che le norme sull’ordinamento penitenziario rappresentano un vantaggio: hanno un’anima, una ratio, una serie di principi condivisibili. Cioè che, invece, non si rileva per le modifiche al codice di procedura penale. Soprattutto, per quello che riguarda la presenza dell’imputato, che verrebbe frustrata dalle nuove norme della videoconferenza; sulla prescrizione, che andrebbe ad allungare ulteriormente i processi. Non si può riconoscere la colpevolezza neppure dopo 15 anni, figuriamoci l’innocenza”.
Ad ogni modo, non solo i giovani avvocati sono contrari a detta riforma: “Ci sono contrarietà da parte dell’associazione nazionale magistrati ed in generale degli avvocati penalisti – ha spiegato Spangher – ognuno, però, per motivi diversi. Il processo è uno strumento politico. Ci accorgiamo che questa legge di riforma, che doveva passare l’anno scorso col voto di fiducia del Governo Renzi, poi col voto di fiducia del Governo Gentiloni, è ancora impantanata in parlamento. Il motivo è che ci sono oggettive contrapposizioni, perchè il processo penale è una distribuzione di potere, che incide variamente tra difesa ed accusa. Dal punto di vista dei magistrati, si polemizza su alcune norme. Ad esempio, quelle che vorrebbero una certa accelerazione, una volta finite le indagini preliminari. Gli avvocati, invece, sono contrari ai dibattimenti a distanza, che ledono il principio di oralità. In questa riforma ci sono anche contrarietà anche rispetto alla disciplina della prescrizione. Insomma – ha concluso – in questo provvedimento, il ministro ha cercato di mettere tante cose dentro, sperando di far andare d’accordo tutti, ma alla fine è riuscito a scontentare molti”.
Insomma, pare stia nascendo un vero e proprio braccio di ferro tra avvocatura e Stato Centrale, con quest’ultimo capace di arrecare caos nell’iter processuale e non solo.
Tommaso Lamarina Redazione |