“Vite coniugali” di Bernard Quiriny

Vite coniugali è l’ultimo libro di Bernard Quiriny, scrittore belga (ma anche critico letterario e musicale, nonché docente di filosofia del diritto), che conosciamo in Italia grazie al lavoro de L’orma editore. Il volume (che, come tutti i libri della collana Kreuzville, si chiude con una deliziosa «ritraduzione, riscrittura o illustrazione» del libro in chiave scacchistica «perché le combinazioni della scacchiera, inesauribile tavola generatrice di narrazioni, sono pressoché infinite, proprio come quelle della letteratura»), raccoglie ventidue racconti tra il fantastico e il metafisico, tra il giallo e l’assurdo, solcati spesso da vene (neanche troppo) sottili di inquietudine.

Veniamo introdotti in mondi che, al netto di saltuarie indicazioni cronologiche, appaiono senza tempo, dove cose e fatti e persone sembrano fare la loro comparsa col solo scopo di svelarci l’intima essenza delle cose, soggiacendo ad un segreto arcano che immancabilmente ci sfugge. Antiche fotografie cittadine, passando di mano in mano, rivelano l’esistenza di un paese misterioso in cui non si muore mai e diventano labirinti entro cui perdersi, come inseguendo indizi tracciati su sabbie percorse da venti di tempesta. Oppure può capitare di incontrare individui dai quali promana un fascino irresistibile, l’inspiegabile potere «di incantare chiunque e di fargli credere qualunque cosa». Ancora: ci sono i libri, tanti libri: collane editoriali che obbediscono ai criteri più bizzarri e prefazioni che raccontano storie degne di un romanzo, muovendosi entro e oltre il confine tra verità e menzogna. Ci sono l’arte e la scrittura, legate al mistero primo della morte («Dipingo col bianco per non uccidere più nessuno») o il fortissimo richiamo del tema borgesiano del doppio: sosia che incrociano le nostre esistenze, rendendoci da una parte vittime di un sortilegio, dall’altra degni di un’altra possibilità («Altro giro, altra corsa»). Ma in un mondo siffatto, ostaggio di insondabili incantesimi, come diventa possibile rispondere agli interrogativi che scandiscono i giorni? Scopriamo che il signor Malone, paziente del manicomio di B***, «non è capace di fornire le risposte giuste. Una specie di sfasamento tra gli interrogativi rivoltigli e le sue risposte fa sì che finisca sempre per partire per la tangente». Eppure, a ben pensarci, in tal modo «Malone non ha nessun bisogno di mentire» e «può attenersi alla verità, poiché la enuncia sempre al momento sbagliato». Esiste incanto più grande?

Diana A. Politano

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