Partendo dalla tesi sul fatto se sia giusto o meno che si autorizzino e si tollerino manifestazioni pubbliche come il gay pride, negli ultimi tempi e da alcuni schieramenti politici si rivendica in antitesi (giustamente a nostro avviso) la difesa della famiglia tradizionale, nucleo basilare da cui la società cresce e si sviluppa sia attraverso la procreazione che con una serie di modelli educativi i quali, interagendo tra loro, contribuiscono anch’essi a determinare l’identità di un gruppo sociale a cui questi sottoinsiemi appartengono.
Ma dal punto di vista di chi è omosessuale e vive questa sorta di condizione, siamo proprio certi che vengano sempre accettati come validi e fondamentali certi atti dimostrativi allo scopo di difendere e rivendicare diritti individuali che ne implicano la serena coesistenza nella società?
Il fatto che in qualche decennio si sia passati dalla repressione, al tacere sull’essere omosessuali (atteggiamenti ovviamente inqualificabili), all’esplosione di movimenti gay che dal ’68 ad oggi hanno portato a circoscrivere certe caratteristiche umane fino quasi paradossalmente a ghettizzarle in forme di spettacolarizzazione che poco hanno a che fare con il “pride” e con la dignità individuale, può rendere giustificabile questa come strada corretta per educare la società su certi modelli comportamentali promuovendola come metodo di rivendicazione di chi per anni ha rappresentato una parte più debole in quanto a lungo schernita, insultata, occultata e talvolta anche aggredita dal resto della società?
Quel che è certo è che in poco tempo si è passati da una situazione in cui la condizione omosessuale rappresentava un limite se non anche un disturbo psichiatrico che limitava la realizzazione esistenziale dell’individuo, ad un’altra attuale in cui si ha il bisogno di “gridare” prepotentemente di essere gay, imponendo certi modelli comunicativi come frutto di conquista di diritti senza che dall’altra parte pur riconoscendo una evoluzione civile inevitabile e giusta, se ne possa obiettare il metodo, pena l’essere tacciati di omofobia, odio ingiustificato e bigotteria. Forse la realtà è che attraverso certe forme di spettacolarizzazione si vuole a tutti i costi sdoganare quella convinzione che la tendenza all’omosessualità sia in realtà una sorta di evoluzione darwiniana della specie, che segna la perdita delle differenze antropologiche tra uomo e donna come inevitabili! Se davvero fosse provata scientificamente tale evoluzione (a tal proposito esistono seri dubbi e una forte convinzione che sia solo esclusivamente una trovata post – ideologica funzionale alle logiche del consumismo), di certo non sarebbe una conquista sociale, soprattutto se si pensa al dono e alla capacità di mettere al mondo figli garantendo l’esistenza della specie e della comunità, capacità che non può e non potrà mai essere sostituita da un utero a pagamento.
Ma proviamo ancora a porci dal punto di vista di un omosessuale che ha, prima ancora di parlare di chi si infila nel proprio letto, desiderio di crescere professionalmente, che ha voglia di sentirsi una risorsa preziosa, un valore aggiunto per la società in cui vive e produce. Bene, di cosa avrebbe più bisogno oggi una persona di questo tipo in una civiltà che ha già di per sé sdoganato come legittimo qualsiasi modo di vivere almeno nella propria sfera privata, di speculare pubblicamente sul fatto di essere gay per sperare di vedere aperte alcune strade o magari di uno Stato che torni ad occuparsi del cittadino chiunque esso sia, mettendo in pratica i principi di quell’articolo 3 della Costituzione che Piero Calamandrei padre costituente, reputava il più importante della Carta e che recita “…è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico che di fatto impediscono la piena realizzazione dell’individuo”?
A tal proposito lo Stato ha già disposto nel codice penale leggi che colpiscono l’omofobia come anche qualsiasi forma di intolleranza di varia natura, al fine di garantire una tutela dell’essere omosessuale anche nei casi più estremi di tentativo di esclusione sociale e di aggressione. E non può esistere colore politico che tuteli o neghi dignità agli omosessuali, ma deve esistere oggi più che mai uno Stato forte che garantisca a qualsiasi cittadino le condizioni favorevoli per la propria realizzazione.
Non è quindi perpetrando forme di omofilia o per giunta di omolatria che si combatte l’ignoranza e si restituisce dignità a chi ha gusti sessuali differenti, l’assenza dello Stato si legge anche dall’uso propagandistico che viene fatto da una certa parte politica di forme volgari di spettacolarizzazione, di ostentazione, al solo fine di ottenere un’omologazione dell’individuo funzionale alla disintegrazione sociale come vuole la logica capitalistica, la quale è all’ossessiva ricerca di consumatori dai desideri sostituibili ed intercambiabili in qualsiasi momento.
Occorre una società in cui l’individuo venga apprezzato per ciò che realizza professionalmente nella misura dell’arricchimento che sia non solo materiale ma prima di tutto etico della comunità a cui appartiene e una istituzione Stato che, creandone le condizioni, gli permetta di realizzare ciò. Questa è l’unica forma di dignità umana capace di mettere oggi in secondo piano qualsiasi forma di ignoranza e di pregiudizio.
Loredana Siccardi VOX ITALIA BRINDISI
Intervento intriso di ipocrisia. Se si cerca la spettacolarizzazione è proprio per le tesi qui esposte. Finché l’omosessualità sarà considerata una anomalia, le rivendicazioni continueranno con toni accesi.